Associazione Turistica Pro Loco Andria
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LE CHIESE DELLA CITTA' DI ANDRIA

a cura di: MATERA Giusy, Matera Nunzia, Saccotelli Nunzia, Zingaro Maria Paola, Lorusso Barbara.

La Cattedrale
Chiesa di S. Agostino
Chiesa di S. Domenico
Chiesa di S. Francesco
Chiesa di S. Nicola
Chiesa di S. Maria Vetere
Chiesa di S. Maria di Porta Santa
Chiesa dell'Annunziata
Chiesa di S. Maria del Carmine

La cattedrale di Santa Maria Assunta. La fondazione della cattedrale di Andria risale alla fine dell'XI secolo, quando è conte di Andria Goffredo d'Altavilla; i lavori proseguono nel secolo successivo consentendo alla cattedrale di poter accogliere la sepoltura della contessa Emma, consorte del conte Riccardo (†1155) che le dedica un'iscrizione, visibile tutt'oggi addossata al primo pilastro sinistro della navata centrale. Prima di questa costruzione, sullo stesso luogo vi era un'altra chiesa, ovvero l'attuale cripta un tempo chiesa di superficie (questo giustifica la presenza delle finestre). Secondo alcui studi, di questa antica chiesa oggigiorno sarebbe visibile solo la sua parte absidale (sulla sinistra vi sono i resti di un'abside più piccola). Il cronista federiciano Riccardo da San Germano riporta la notizia che ad Andria sono state sepolte due delle mogli dell'imperatore Federico II: Jolanda di Brienne, e Isabella d'Inghilterra. La tradizione identifica le due tombe terragne della cripta con le sepolture delle imperatrici sveve. La nuova costruzione, rispetto alla chiesa antica, avrebbe mantenuto l'impianto longitudinale diviso in tre navate da pilastri romanici sui quali si conservano due iscrizioni con i nomi di alcune maestranze della Cattedrale. Dopo i recenti restauri (2005-2008), con l'attuale Vescovo Mons. Raffaele Calabro, sono state riaperte e rese fruibili, otto delle dieci cappelle laterali, cinque per lato, costruite sul finire del XV secolo e chiuse negli anni sessanta del secolo scorso per problemi di natura statica. Prima dei restauri risultavano aperte solo le prime due cappelle a sinistra rispetto all'ingresso. Una delle opere d'arte più preziose della nostra città è senz'altro la grande tela della Natività, opera del pittore molfettese Vito Calò allievo del più famoso conterraneo Corrado Giaquinto, che si può ammirare nell'ultima delle cinque cappelle di sinistra, dedicata a Santa Maria del Capitolo. Quest'ultima cappella, insieme a quella immediatamente precedente, oggi dedicata a San Giuseppe, che tra l'altro ospita le spoglie del Venerabile Vescovo Mons. Giuseppe Di Donna (1901 - 1952), sono le uniche che conservano gli antichi altari che un tempo dovevano trovarsi in tutte le cappelle laterali. Oltre alle dieci cappelle laterali, rimane degna di nota quella di San Riccardo, a nord del transetto, costruita al tempo del Vescovo Mons. Florio (1477-1495) per dare una decorosa collocazione e custodire le reliquie del Santo Patrono di Andria. Il Santo è il soggetto delle sedici formelle poste sugli stipiti dell'arco absidale, della suddetta cappella, otto per ciascun lato, che ricordano vari suoi miracoli; San Riccardo è anche il soggetto delle due tele del terlizzese Michele De Napoli poste sulle pareti della stessa cappella. Il transetto presenta una pregevole copertura lignea, a firma di Vincenzo Redi. Tra uno stuolo di putti, sono raffigurati i santi Riccardo, Sebastiano, Antonio da Padova e Domenico, santi che circondano una cornice dorata centrale dove un tempo ci doveva essere una tela dell’Assunzione di Maria. Ai lati di questa, altre due cornici con San Nicola e San Michele, e alle loro estremità i quattro Padri della chiesa d’Occidente: Agostino, Girolamo, Gregorio Magno e Ambrogio. Nel 1494 un arcone ogivale, opera dell’arch. Alessandro Guadagno, separò il transetto dal presbiterio. Su quest’ultimo, partendo da sinistra, si affacciano: l’ingresso alla sacrestia; il coro con l’organo a canne, dono nel 1935 della famiglia Ceci Ginistrelli e il quattrocentesco coro ligneo proveniente dalla chiesa di San Domenico, collocato qui per sostituire quello distrutto durante l’incendio che nel 1916 divampò nella cattedrale; ed infine, progettata agli inizi del ‘900 dall’ing. Riccardo Ceci, la cappella della Sacra Spina (http://www.diocesiandria.it/sacraspina/). La Sacra Spina, reliquia donata ad Andria nel 1308 da Beatrice d’Angiò, si ritiene sia appartenuta alla corona di Cristo. Ciò è avvalorato dal fatto che, quando il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, coincide con quello della morte di Cristo, quindi con il Venerdì Santo, essa diventa prodigiosa.Durante l'ultimo prodigio, 25 marzo 2005, la Spina ha mostrato dei cambiamenti cromatici anomali. All’interno della cattedrale sono conservate alcune sculture erratiche, tra le quali segnaliamo due comunichini in marmo policromo, opera di Domenico Cocatrida di Monopoli (1775), che, insieme ad una cornice e a due acquasantiere, provengono dall’ormai distrutto complesso conventuale delle benedettine (questo, fino a metà degli anni ’30 del secolo scorso, sorgeva vicino alla cattedrale, proprio dove oggi si trova il Mercato coperto). Dallo stesso complesso proviene anche un grande frammento su tavola del XII secolo, la Madonna di Andria, oggi conservato nel Museo diocesano. Tuttavia una sua copia è esposta in cattedrale, sul muro di fronte alla cappella di San Riccardo . Si tratta di un'icona che risente fortemente degli influssistilistici orientali delle icone mariane, definita la più famosa e misteriosa immagine mariana medievale della Puglia. Per ultimo, dallo stesso monastero proviene anche il portale oggi addossato sui resti dell'antica muratura della cattedrale, a destra della facciata. L'odierna facciata della cattedrale andriese, quella che vediamo oggi, è solo parte del suo rifacimento neoclassico commissionata all'arch. Federico Santacroce nel 1844 dal Vescovo Cosenza. L'originaria, al di sopra dell'attuale portico, prevedeva, un vano timpanato che venne rimosso, per problemi di staticità, negli anni ’60 del secolo scorso durante i lavori di restauro voluti dal Vescovo Brustia. Fu proprio in questa occasione che fu costruita la parte superiore che ricorda solo nelle forme lo stile romanico (rosone centrale, monofore ai lati, facciata a salienti interrotti).

 

Chiesa di S. Agostino. La chiesa di S. Agostino, un tempo dedicata a S. Leonardo, fu costruita nel XIII secolo per volere del Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri Teutonici, Herman Von Salza, amico e consigliere di Federico II di Svevia. Distrutta dall'esercito ungherese nel 1350, in seguito fu affidata, da Francesco II del Balzo, agli Agostiniani Scalzi che la dedicarono a Sant'Agostino. Di grande interesse è il portale maggiore, dichiarato monumento nazionale. E' un mirabile esemplare di arte gotica, ad arco acuto con ricchissime decorazioni: vi sono ben sette fasce di coronamento floreale. Nella lunetta è visibile un bassorilievo raffigurante Cristo fra S. Remigio e S. Leonardo. Ai lati del portale sono ancora visibili i resti dei due leoni stilofori, segno della presenza di un antico protiro ormai scomparso. Sul sagrato della chiesa vi sono due colonne erratiche, su di una campeggia lo stemma delle famiglie Del Balzo-D'Angiò. In via Flavio Giugno, sul prospetto laterale, troviamo murato un portale secondario, anch'esso in stile gotico con alcuni stemmi: le aquile ad ali spiegate riferibili ai Teutonici, il leone rampante, stemma di Andria, quello del vescovo Florio raffigurante una vitella e quello angioino rappresentato dai gigli.

 

L'interno della chiesa fregiato di stucchi barocchi risalenti al XVIII secolo, si presenta ad una navata. La chiesa vanta, oltre all'altare maggiore, dei pregevoli altari laterali tutti in marmi policromi di fattura napoletana impreziositi da tele e affreschi. Molto importante dal punto di vista artistico è anche l'organo con cantoria della zona absidale. Adiacente alla chiesa sorge l'ex convento che gli stessi Agostiniani si prodigarono a ricostruire. Fu realizzato in più fasi, l'ultima delle quali risalente al XVII secolo. Durante il periodo napoleonico, con la soppressione degli ordini monastici e conseguente confisca dei beni, la chiesa fu sconsacrata ed il convento fu utilizzato prima per ospitare la gendarmeria, poi come pretura della città di Andria.

 

 

 

 

 

Chiesa di S. Domenico. La chiesa di S. Domenico, originariamente intitolata a S. Maria dell'Umiltà, fu edificata nel 1398 per volere della duchessa Sveva Orsini, vedova di Francesco I Del Balzo, che donò un suo giardino intorno alla cinta muraria affinchè i Domenicani potessero stabilirvisi. L'impianto gotico originario è stato modificato nel corso dei secoli. Infatti, la facciata è stata modificata nel XVI secolo: presenta un portale rinascimentale sormontato da una conchiglia in cui appare l'immagine scolpita della Madonna del Rosario con ai lati S. Domenico e S. Caterina da Siena.
La chiesa presenta al suo interno una sola navata nella quale si possono distinguere cinque altari incluso il maggiore (in realtà prima dell'800 gli altari erano 13). I dipinti meritano elogio per l'armonia dei colori e delle ombre, al cui fianco sono rappresentati gli emblemi delle famiglie committenti. Nella sacrestia della chiesa è conservato, mummificato, il corpo del duca Francesco II Del Balzo. Dello stesso Duca si conserva un pregevole busto di marmo bianco attribuito al grande scultore Francesco Laurana (attualmente fa parte del corredo artistico episcopale, destinato a far parte del futuro Museo Diocesano). Tra il 1765 e il 1769 venne eretto il campanile dall'architetto Domenico Ieva : è costruito in pietra, è di stile barocco, a tre piani, poggia su una delle campate del chiostro dell'antico convento domenicano. Nel 1797 nel chiostro di questa chiesa fu eletto il primo sindaco della città: Ferdinando Spagnoletti. Nel 1809 anche questo ordine monastico subì la confisca a causa delle leggi napoleoniche e in un primo tempo il convento fu utilizzato come carcere. Nel 1896 sorse l'azienda elettrica, poi fu destinato a sede del Ginnasio e ancora a scuole elementari. L'intero edificio, ora, è in via di restauro.

 

Chiesa di S. Francesco. La chiesa di san Francesco, dell'originario stile gotico, conserva poche tracce, le più importanti sono i due portali. Quello principale, costituito da più fasce di decorazione, alla cui base sono scolpite due figure zoomorfe interpretati ora come due grifoni, simboli della natura umana e divina di Cristo, ora come due volpi simboli della famiglia Volponi forse committente di alcuni lavori. sulla cuspide dell'arco gotico vi è una formella con l'Agnus Dei. Sul portale, in due nicchie, sono poste le statue dei santi Francesco e Antonio. Il portale laterale, più piccolo, a sesto acuto, riporta nell'architrave l'immagine, scolpita a scheletro, del Serafino alato che stimmatizzo' San Francesco. La chiesa nel XVIII secolo fu revisionata in stile barocco e la stessa facciata mostra i segni di questa fase di ammodernamento stilistico: la facciata fu soprelevata ed ecco che alla pietra fu sovrapposto il tufo. Sulla parete tufacea vi è un magnifico finestrone che rappresenta uno degli episodi emblematici della vicenda umana del poverello di Assisi: il sogno di Innocenzo III. Al suo interno la chiesa si presenta a navata unica e nel mezzo della volta a botte si ammira lo Spirito Santo in forma di colomba, fra nubi, Serafini e raggi dorati. Meritano considerazione gli altari laterali in marmo policromo, l'altare maggiore e la balaustra antistante, tutte opere di fattura napoletana. Gli altari laterali sono abbelliti da tele attribuite al pittore molfettese Nicola Porta (XVIII secolo). Altri particolari interessanti sono alcune statue: quella di Sant'Antonio, in pietra, risalente al 1510, ed inoltre la statua lignea con abito in tessuto della Vergine Addolorata, posta sull'altare dell'omonima cappella (detta Cappellone). Essa, prima della zona presbiteriale a destra, fu costruita nel 1867 a spese del conte Onofrio Spagnoletti come sede dell'Arciconfraternita dell'Addolorata. Ma i veri gioielli di questa chiesa sono: il coro ligneo (1699) tutto scolpito a mano e la splendida cantoria in oro zecchino su fondo a smalto verde con un organo del 1766, opera dell'artista andriese Tommaso Porziotta. Accanto alla chiesa si trova il chiostro in stile gotico. Un tempo dovevano essere visibili nelle lunette, gli affreschi raffiguranti i miracoli di San Francesco, purtroppo scomparsi. Altrettanto interessanti sono le quattro porte di pietra con archi a sesto acuto contornate da cornici lavorate elegantemente e in diverso modo. Più arretrato rispetto alla chiesa e posto su di un piano più elevato del primo, troviamo un secondo chiostro che si affaccia su via Arco Piciocco.
A destra, presso il presbiterio, si apre la cappella dell'Addolorata (detta Cappellone), sede dell'omonima arciconfraternita, costruita nel 1867 a spese del conte Onofrio Spagnoletti, con la statua lignea, con abito in tessuto, della Vergine Addolorata, situata nell'edicola dell'altare.

Particolari interessanti sono: la statua in pietra di S. Antonio del 1510 entrando, a sinistra, vicino al battistero; le tele di quattro altari laterali attribuite al pittore molfettese Nicolò Porta (XVIII sec.); L'altare maggiore in marmo policromo con due angeli capi-altare a figura intera; il coro ligneo tutto scolpito a mano; la cantoria in oro zecchino su fondo a smalto verde con un organo del 1766 dell'artista andriese Tommaso Porziotta.

 

Accanto alla chiesa si trova il chiostro che è di stile gotico con portici sorretti da pilastri, decorati un tempo, con affreschi raffiguranti i miracoli di S. Francesco. Nel mezzo del chiostro uno spazioso cortile con una grande cisterna. Altrettanto interessanti sono le 4 porte di pietra a sesto acuto contornate da cornici lavorate elegantemente e in diverso modo. Più arretrato rispetto alla chiesa e posto su di un piano più elevato del primo, troviamo un secondo chiostro che si affaccia su via Arco Piciocco.

 

 

Chiesa di San Nicola. La chiesa di San Nicola Trimodiense, immersa nel suggestivo scenario del borgo antico, è una delle chiese più antiche della nostra città. Risale, infatti, al 1104, anno in cui il vescovo Desidio concesse agli abitanti, del villaggio di Trimoggia (zona Santuario SS. Salvatore) di trasferirsi nel rione di S. Andrea. Un primo ampliamento della chiesa risale al 1349 per opera di Bertrando del Balzo, marito di Beatrice D'Angiò. Nel 1657 il duca Fabrizio IV Carafa donò alla chiesa l'altare maggiore sostituito poi da uno in marmo da Ettore II Carafa. Verso la fine del 1700 vennero avviati lavori di restauro interrotti nel 1799 per varie ragioni e ultimati nei primi anni del 1800. La facciata della chiesa è in stile neo-classicheggiante con tre portali, di cui il centrale è di proporzioni maggiori. Attualmente la chiesa si presenta ad aula unica con le cappelle laterali abbellite da tele attribuite in parte a Vito Calò, pittore molfettese, allievo del Giaquinto. Numerosi e interessanti sono i particolari da osservare: le due acquasantiere sostenute da volute in marmo bardiglio risalgono al XVIII secolo.

Il bussolone d'ingresso è sovrastato da una grande tela, opera diSebastiano Conca, che rappresenta Giuda Maccabeo vincitore di Nicanore. In realtà questa tela apparteneva alla Basilica di S.Maria dei Miracoli, ma nel 1860 venne confiscata e donata alla chiesa di S. Nicola. L'altare maggiore, in stile barocco, è opera dell'artista Anto nio Corradini. Nel paliotto sono raffigurati i simboli zoomorfi degli evangelisti; nel tabernacolo sono raffigurati i simboli dell'Eucarestia: il pane e il vino. All'interno della chiesa si trova il busto processionale di S. Nicola in argento del 1910. Alla destra del presbiterio vi è una mensola dispensa con intarsi di agata e madreperla del XVIII secolo. L'altare è sovrastato da un Crocifisso ligneo dei sec. XVI – XVII.


Chiesa di S. Maria Vetere . La fondazione della chiesa e del convento francescano degli Osservanti Minori, fuori le mura della città, verso Sud, risale probabilmente all' epoca sveva (XIII sec.). Il nome deriva dal fatto che la chiesa fu costruita su una antica (vetus-veteris) cappella in cui si venerava una icona della Madonna. L'originario impianto gotico fu completamente rimaneggiato nel XV sec. per interessamento di Francesco II del Balzo, mentre nella prima metà del XVIII sec. la chiesa, a navata unica, fu completamente stuccata in stile barocco. Il convento, di cui si fa menzione per la prima volta in un documento del 1438, fu per lungo tempo sede di ministri provinciali dell'Ordine e in esso si conservava l'archivio. Nel 1656, in occasione della terribile pestilenza che colpì l'intera Europa, un'ala fu adibita a lazzaretto. Fu uno dei conventi, insieme a quello delle Benedettine e delle monache del Conservatorio di S. Anna, a non essere soppresso in seguito alle leggi del 1807 e 1809; dal 1868 è ospizio per anziani. Gran parte dell'arredo interno della chiesa si deve alla munificenza della nobildonna Anna De Salsedo (1583), ivi sepolta. Pregevolissimo l'organo settecentesco.

 

Chiesa di S. Maria di Porta Santa. La datazione della prima costruzione della chiesa risalirebbe al XIII sec., dopo l'abbattimento della "Porta santa" così detta perché si pensa che l'avessero attraversata S. Pietro e S.. Riccardo. Ai lati del tempio due osterie furono trasformate in case di pietà col nome di "Spedale della misericordia" e "Spedale di s. Riccardo". La chiesa fu dedicata a s. Pietro e a s. Riccardo in onore dei quali furono eretti due altari, mentre i nobili cittadini andriesi vi istituirono la confraternita di s. Maria della Nunziata. Nel 1516 il tempio fu ampliato e fu restaurata la facciata composta di due parti. Quella superiore è costituita dal tamburo della volta ottagonale della prima campata, all'interno del quale si apre un rosone fortemente strombato con otto colonnine disposte a raggera. Quella inferiore presenta il portale rinascimentale caratterizzato da due coppie di lesene terminanti con capitelli a decorazione vegetale, zoomorfa e antropomorfa e reggenti una semplice trabeazione sormontata da un timpano. Al centro delle lesene esterne sono scolpiti due medaglioni raffiguranti, secondo la tradizione, Federico II e suo figlio Manfredi, mentre alla base vediamo due mezze chiocciole. I bassorilievi dei piedistalli rappresentano lo stemma della città di Andria. Sul piano rientrante notiamo due lesene più sottili a metà delle quali troviamo altri due medaglioni raffiguranti, secondo la tradizione, i due figli di Manfredi oppure Federico II e sua moglie Iolanda e alla base un leoncino e una testa alata di cherubino. Al di sopra dell'architrave è scolpito un arco a tutto sesto decorato in rilievo. All'interno la chiesa si presenta ad aula unica coperta da due volte costolonate a pianta ottagonale divise da un arco a tutto sesto sorretto da due semipilastri in pietra. La prima campata è più antica come si evince dai differenti paramenti murari. La seconda campata e la copertura dovrebbero risalire al XIV sec. come ci fa ipotizzare lo stile gotico o tardo gotico delle volte.

A sinistra vediamo un altare in pietra del 1644, fiancheggiato da due colonne decorate con facce spiraliformi nelle quali sono scolpiti episodi della Passione e Morte di Cristo, dedicato alla Madonna della Neve e caratterizzato dalla presenza di un affresco di fattura rinascimentale raffigurante la Vergine che allatta il bambino (derivante dalla bizantina Panagia Galaktotrophousa) appartenente all'iconografia delle "Vergini della tenerezza", caratterizzate da tratti più umanizzati, meno solenni e ieratici, più materni. Intorno all'immagine, su fasce di pietra, sono scolpiti a bassorilievo: amorini, mascheroni, motivi vegetali e geometrici, nastri, frutta, pesci, volatili. Sui piedistalli delle semicolonne, reggenti una trabeazione con cornice a rilievo, sono scolpiti, a destra, una processione di confratelli preceduti da una croce, a sinistra la Carità che copre col suo ampio mantello quattro orfanelli. Nella seconda campata, sempre a sinistra, troviamo l'altare di stile rinascimentale dedicato a s. Giovanni di Dio e costruito in ricordo dei Fatebenefratelli che gestirono il vicino ospedale insieme alla chiesa dal XVII al XIX sec.. Nella nicchia vediamo la statua dell'Assunta a cui oggi l'altare è dedicato. Al di sopra di esso sono murati lo stemma del comune di Andria e quello dei Del Balzo. Sulla destra, di fronte a questo, si trova l'altare dedicato a s. Antonio, arricchito da decorazioni rinascimentali e sormontato dallo stemma del comune di Andria corredato di un'incisione latina, datata 1573, e attestante il giuspatronato dell'Università sulla chiesa. Di fronte all'altare della Madonna della Neve, invece è scolpita una lapide funeraria del 1872 che ricorda l'avv. Gianmaria Marchio. L'ingresso è sormontato da una cantoria del XVI sec.. A sinistra di esso è collocata una lapide sepolcrale, originariamente situata nel pavimento davanti all'altare maggiore, con incisi un cuore con una croce, teschi ed ossa, ricordo dei Fatebenefratelli. A destra, invece, è visibile un'acquasantiera risalente alla prima costruzione della chiesa collocata su una colonnina: essa presenta nella superficie interna, al centro, un gruppo di quattro leoni acefali a tutto tondo posti a croce e, ai margini, quattro pesci, simboli allegorici ricorrenti nella iconografia cristiana.

 

Chiesa dell'Annunziata.
La chiesa dell'Annunziata sorge fuori della Porta della Barra, così detta da una sbarra che impediva l'accesso in città a coloro che non avevano pagato la dogana. La chiesa era chiamata "di fuori" perché in passato era fuori dalla cinta muraria e circondata dalla campagna. Sorse intorno al XII sec., come attesta una lapide del 1173 collocata all'interno della chiesa, e si presentava piccola e a tre navate. Fra le mura della città e la chiesa fu situata anche un'edicola contenente l'affresco, attribuito a scuola giottesca, rappresentante "La Pietà". Una testimonianza della chiesa primitiva, dell'edicola e di un torrione della Porta della Barra è presente nella parte bassa della tela dell'Immacolata situata su uno degli altari della chiesa odierna. Dal 1042 la Puglia fu dominata dai Normanni e Pietro il Normanno fortificò Andria determinando lo spostamento degli abitanti dai vari villaggi all'interno della cinta muraria. L'Annunziata, il monastero di S. Onofrio (ora detto Purgatorio o Chiesa di S. Sebastiano) e quello delle Basiliane chiamato "S. Tommaso" rimasero fuori delle mura. Nel 1350 i tre edifici sacri furono distrutti dai soldati ungheri venuti qui a punire Giovanna, regina di Napoli, per l'omicidio di Andrea, fratello del loro re, Ludovico. Della vecchia chiesetta dell'Annunziata restano solo conci in pietra appena sbozzati, le due porte laterali murate nella facciata attuale, le fondazioni dei pilastri sorreggenti la navata centrale della chiesa primitiva, venuti alla luce durante i restauri del 1964, e un grande arco che divide la navata dal presbiterio. Sotto i Del Balzo l'Annunziata fu ricostruita con pianta a navata unica e completata nel 1490. Lo stemma dei Del Balzo, una stella a sedici raggi, è scolpito su una acquasantiera insieme a quello degli Angioini, degli Aragonesi e del comune di Andria. Si narra che nel 1495, quando Andria era presidiata dai soldati francesi al seguito di Carlo VIII, uno di essi che aveva perduto al gioco con i commilitoni, preso dall'ira, gettò il suo pugnale contro l'immagine della Madonna, collocata ancora nell'edicola sacra presso la chiesa, colpendola all'occhio sinistro: si tramanda che la Vergine, che prima teneva ambedue le mani verso il figlio morente alzasse la mano destra per ripararsi l'occhio o per alleviare il dolore della ferita.

Si sparse la voce del prodigio e l'affresco fu trasferito nell'interno della chiesa, sulla sinistra, e, più tardi, racchiuso in una ricchissima cornice posta su un altare in pietra eretto "dalla pietà del popolo".
L'insieme è un gioiello di arte rinascimentale, composto di bassorilievi attribuiti ad un allievo di Francesco Laurana e raffiguranti il mondo profano attraverso piante, fiori, puttini, satiri, girali di foglie, maschere teatrali, animali fantastici, grifi, figure mitologiche. In alto, però, trionfa la Croce e in basso appare un bassorilievo rappresentante Cristo che porta la croce, seguito dalla Madre. L'accostamento di due mondi così diversi si spiega, secondo lo studioso andriese Schiavone, pensando al fatto che sia il peccato dell'uomo sia la redenzione hanno avuto una dimensione cosmica coinvolgendo anche il mondo pagano e la cultura profana. All'interno della chiesa troviamo complessivamente cinque altari, due in legno, con grandi colonne tortili incornicianti tele di discreto valore che tracciano la storia del peccato e della salvezza dell'umanità, e tre in pietra. Sulla destra ce n'è uno ligneo, di gusto barocco, dorato, policromo, incoronato da un'edicola con capitelli e frontone. In esso sono inseriti due dipinti: nel frontone, Dio che benedice la creazione, sotto, la Vergine Immacolata con la falce di luna e circondata, ai piedi, da angeli che sorreggono dei cartigli con le scritte "Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te" e "Nondum erant abissi et ego iam concepta eram". A sinistra si trova un altare simile a quello appena descritto con dipinti raffiguranti, sotto, lo sposalizio della Vergine davanti al vecchio Simeone e San Vito con la croce e tre cani ai suoi piedi, in alto, la visitazione di Maria ad Elisabetta. Presso l'ingresso è situata una tela firmata Saverio Calò e datata 1836 e raffigurante Maria con fra le braccia il bambino che impugna la
croce, il cui braccio verticale diviene in basso una lancia che trafigge il serpente. Nel soffitto vi è un dipinto rappresentante un grande albero ai piedi del quale vi sono Adamo ed Eva e, sulla cima, Maria con le mani giunte che schiaccia il capo a Satana, la coda del quale diviene serpente che giunge in basso fino alle prime creature umane. Nel mezzo, incatenati al tronco dell'albero, fra altri personaggi, David, Salomone, Mosè che regge la tavola della Legge su cui il pittore ha inciso in greco "Grande è Cristo" e "Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore". Nel presbiterio sono collocate due tele aventi per soggetto, l'una, Mosè che fa scaturire l'acqua dalla roccia, l'altra, Abramo che si appresta a sacrificare Isacco, mentre un angelo dall'alto ne arresta il coltello.

 

Chiesa di S. Maria del Carmine. Intitolata alla SS.ma Vergine del Carmelo, la chiesa fu edificata in un area extraurbana donata dal nobile Flavio de Excelsis ai Carmelitani; iniziata nel 1707, fu terminata nel 1753. Durante il governo murattiano fu adibita ad infermeria militare; restaurata ed abbellita fu riconsacrata dal vescovo Cosenza nel 1840. Vi si accede attraverso un ampio porticato in stile neoclassico, preceduto da una lunga scalinata, costruita nel 1773 L'interno è ad aula unica con altari su entrambi i lati. È dotata di un piccolo campanile tardo-barocco costruito nel 1772 e ristrutturato nel 1854. L'annesso convento dei Carmelitani oggi è sede del Seminario Diocesano.

 

Bibliografie:
Prof. Pietro Petrarolo. "Andria dalle origini ai tempi nostri". Sveva editrice.
Prof. Pietro Petrarolo. "San Nicola Trimodiense". Sveva editrice.
Dott. Lorizzo Flora. "La cattedrale di Andria".
Frapistelli Luciana. "La chiesa dell'Annunziata". Estratto dall'Osservatore Romano del 19 Febbraio 1997.

 



 

 

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